La sorprendente vicenda di una professoressa licenziata dopo anni di assenze evidenzia le disparità tra lavoratori con tutele e quelli senza
La vicenda della prof assenteista licenziata dopo aver totalizzato circa 20 anni di assenze nel corso dei suoi 24 anni di servizio mette in luce alcune macroscopiche disfunzioni del nostro sistema di tutela del lavoro.
Per capirci, si parla di un sistema costruito sulla rigida segregazione tra chi sta dentro la “cittadella” del lavoro subordinato, che offre un sistema di tutele spesso obsolete e ridondanti, e chi sta fuori da quel recinto e deve ogni giorno guadagnarsi un’occasione di lavoro senza beneficiare di alcuna forma di garanzia.
Dentro la “cittadella” del lavoro subordinato esiste un cumulo pressoché infinito di permessi, aspettative, congedi e assenze per malattia che consente di costruire, in maniera del tutto lecita, periodi lunghissimi di assenza dal lavoro. Un sistema costruito in maniera talmente disordinata da non avere una sanzione efficace per reprimere la condotta di una lavoratrice che non si presenta mai al lavoro.
Il divario tra i lavoratori tutelati e le finte partite Iva
Queste contraddizioni acquistano un peso maggiore se si prova a pensare a cosa sarebbe accaduto alla prof assenteista se, invece di abitare dentro le comode e accoglienti mura della “cittadella” dei diritti, lei avesse lavorato nel settore privato, mediante un contratto flessibile (un normale rapporto a termine) o precario (una falsa partita IVA, una cococo e affini). Probabilmente quella stessa docente già dopo le prime assenze avrebbe perso il lavoro, senza poter invocare alcuno strumento giuridico per riconquistarlo, così come la sua discutibile performance professionale sarebbe stata facilmente sanzionabile con il mancato rinnovo o l’interruzione del rapporto.
La prof assenteista e la “cittadella” manca di tutele
Ma non si tratta solo, ovviamente, della storia legata alla prof assenteista. Il destino contrario, infatti, accomuna ogni giorno migliaia di lavoratori e lavoratrici che vivono al piano di sotto della “cittadella” delle tutele e che, pur svolgendo gli stessi lavori di chi sta al piano di sopra, devono fare i conti con un’assoluta mancanza di standard minimi di tutela. Questi due mondi non sono semplicemente in contraddizione tra loro ma costituiscono anche due facce della stessa medaglia: tante, troppe volte si tenta di sfuggire all’eccesso di rigidità del lavoro tradizionale cercando delle soluzioni “cuscinetto” che assicurano una via d’uscita comoda e irresponsabile dai sistemi caratterizzati da troppe regole.
Di fronte a questa evidente e intollerabile sperequazione forse nemmeno Trilussa, se fosse ancora in vita, avrebbe il coraggio di applicare la sua proverbiale “media del pollo” per dire che che, tenuto conto di quanto sono i lavoratori iper tutelati e quelli precari, abbiamo un mercato del lavoro equilibrato.
In conclusione, la vicenda della prof assenteista solleva importanti interrogativi sul funzionamento del sistema di tutela del lavoro. È necessario avviare una riflessione approfondita su come ridurre il divario tra i lavoratori tutelati e quelli precari, al fine di garantire un mercato del lavoro più equo e giusto per tutti.
Riflessione tratta dall’articolo di OPEN: “La prof che si assenta per 20 anni dal lavoro e il meraviglioso mondo di sopra: con lavoratori con tutele da Serie A contro i colleghi di serie B – Open“